Il corpo umano è composto da circa 360 articolazioni che, tramite l’attivazione muscolare, sono sottoposte ad azioni meccanico-dinamiche permettendo infiniti adattamenti compensatori e la possibilità di ammortizzare e disperdere la forza peso durante il movimento senza che ci si renda conto.
Questo spinge a pensare che un dolore improvviso sia provocato da un’azione svolta in quel preciso momento mentre è di fondamentale importanza considerare che il punto che fa male spesso è solo un campanello d’allarme e non sempre il punto che sta portando il corpo verso lo squilibrio.
Il dolore violento che spesso si percepisce durante la fase acuta di un infortunio, a seguito di gesti apparentemente innocui come alzarsi o sedersi, sollevare un oggetto, allacciarsi una scarpa, infilarsi un vestito, è la conseguenza di un continuo “stress meccanico” della zona articolare o muscolare coinvolta in atto già da qualche tempo che si è instaurato per compensare la scarsa mobilità di altri segmenti corporei più rigidi.
Ne consegue che la zona meno rigida sarà quindi soggetta a sollecitazioni eccessive, rischiando un numero di infortuni maggiore rispetto alla zona rigida.
La rigidità e la mancanza di elasticità di alcuni gruppi articolari dipendono principalmente dagli schemi corporei delle singole persone che le caratterizzano fin dai primi istanti della vita.
Ognuno impara a sfruttare le infinite capacità di movimento e di compensazione del corpo attraverso le proprie esperienze personali e i propri schemi di adattamento sia che essi siano dettati da fattori ambientali, genetici o da eventuali traumi subiti nel corso della vita.
Tutto ciò fa sì che involontariamente si finisca per utilizzare il proprio corpo sempre allo stesso modo mettendo in atto movimenti ripetitivi che portano a utilizzare sempre di più alcune strutture e sempre meno altre, generando quel disequilibrio il cui risultato finale sarà l’eccessiva sollecitazione meccanica delle strutture più utilizzate.
Il corpo reagirà creando zone di compenso e adattamenti posturali con conseguente perdita del benessere generale.
L’osteopata si occupa dell’aspetto meccanico dell’individuo e interviene manualmente trovando punti di maggior limitazione articolare. Comprendendo quali sono i più importanti nello schema disfunzionale del paziente, li tratta e li induce a ripristinarsi.
Il trattamento è esclusivamente manuale e comprende manipolazioni articolari, tecniche di rilasciamento delle tensioni muscolari e fasciali, tecniche viscerali e di riequilibrio del sistema cranio-sacrale, atte a risolvere la causa del dolore a dispetto del sintomo, studiando il soggetto nel suo complesso.
E’ per questo principio che in osteopatia l’individuo è visto nella sua globalità come un sistema composto di muscoli, strutture scheletriche, organi interni che trovano il loro collegamento nei centri nervosi della colonna vertebrale.